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Pillole di Storia veneziana
Bajamonte Tiepolo
Bajamonte Tiepolo era un nobile amato e rispettato, discendeva da una potente famiglia che si era gia' fregiata di ben due dogi nel corso del Duecento: il bisnonno Jacopo e il nonno Lorenzo. Il padre di Bajamonte aveva visto sfumare nel 1289 l'elezione ducale in seguito ai contrasti politici tra la fazione aristocratica e quella piu' popolare della sua famiglia, finendo per consentire l'ascesa sgradita da molti di Pietro Gradenigo. Deluso e sdegnato, si era ritirato senza piu' voler esser coinvolto nella vita politica ma continuando a sobillare i suoi partigiani. La fazione al potere era riuscita in breve tempo a far promulgare numerose leggi restrittive che impedivano alle famiglie della classe media di poter ascendere al Maggior Consiglio. I Tiepolo ed i Querini difendevano invece i diritti di queste ultime. Il 15 luglio 1300 Bajamonte aveva dovuto subire un processo per l'accusa di indebita appropriazione di beni pubblici, finendo condannato al pagamento di una pesante ammenda, per la quale aveva dovuto chiedere a garanzia l'intervento il parente Michele Tiepolo. Nonostante nel 1302 fosse stato fatto membro della Quarantia, continuo' a mantenersi a lungo distante dalla vita politica. Strette in un angolo, le famiglie Querini e Tiepolo meditavano vendetta. Marco Querini raccolse attorno a se i capi della fazione popolare, motivandoli con discorsi nei quali si accusavano il doge Gradenigo e la sua fazione di essere la causa di tutti i mali veneziani: dalla sconfitta di Ferrara, alla scomunica papale, all'esclusione dal potere degli uomini nuovi. Tutti fatti che chiedevano una decisa prova di forza per liberare la citta' dall'oppressione aristocratica. Prima di prendere qualunque decisione, pero', il Querini richiamo' Bajamonte per sfruttare il suo forte ascendente sul popolo. Capi della congiura erano Marco Querini, Bajamonte Tiepolo e Badoero Badoer. L'azione venne decisa per la notte tra il 14 ed il 15 giugno 1310: all'alba si sarebbe dato l'assalto a piazza San Marco e al Palazzo Ducale, con obbiettivo il massacro del Doge e dei suoi fedelissimi. Nonostante al sorgere del sole del giorno prefissato una violenta tempesta imperversasse su Venezia, rendendo difficili gli spostamenti e rallentando l'arrivo dei rinforzi del Badoer dalla terraferma, Bajamonte e il suocero si misero alla testa delle due colonne di rivoltosi, puntando decisi verso la piazza, gridando Liberta' e morte al doge Gradenigo. Giunti pero' nella piazza vi trovarono schierati il Doge, le guardie e i fedeli delle famiglie Morosini e Dandolo. Nello scontro che ne nacque perirono immediatamente il suocero Marco e il cognato Benedetto, mentre i loro uomini si davano alla fuga; accadde un episodio imprevisto e singolare noto come la vecia del morter (la vecchia del mortaio). La vecchia Giustina Rossi, donna vedova, povera e con una figlia (Agnese) da mantenere, viveva in una casa che era della Repubblica, proprio sopra il sotoportego del Cappello Nero alle Mercerie Meridionali, vicinissima a Piazza S. Marco. Quando i rivoltosi stavano arrivando in prossimita' di Piazza San Marco, a pochi metri da dove si trova ora la Torre dell'Orologio, Giustina Rossi si sporse dal balcone per vedere chi stesse facendo tutto quel frastuono. Senza volerlo, la vecchia urto' il pesante mortaio che era appoggiato al balcone che cadde sulla testa del portabandiera dei rivoltosi, uccidendolo all'istante. Tale avvenimento creo' scompiglio e indecisione tra gli insorti che furono nel frattempo attaccati dalle guardie ducali, costringendoli alla fuga verso le Mercerie. Per ringraziare la vecchia del mortaio, successivamente all'episodio il doge concesse a lei di non pagare l'affitto della casa dalla quale aveva compiuto il gesto che aveva salvato la Serenissima. Tale privilegio fu poi esteso anche ai suoi discendenti. Un bassorilievo della vecia del morter fu posto in seguito sul luogo dove avvenne l'episodio ed e' tuttora visibile. Asserragliatosi nella zona del mercato, dov'erano i palazzi dei Querini, dato alle fiamme il Ponte di Rialto per sbarrare il passo alle truppe del Doge, il Tiepolo si accinse a resistere, nella speranza dell'arrivo dei rinforzi del Badoer. La sconfitta e la cattura di quest'ultimo convinsero infine Bajamonte ad accettare la proposta del Doge, portata dal consigliere Filippo Bellegno, di venire a patti, deponendo le armi e accettando l'esilio. Il 17 giugno il Maggior Consiglio decreto' per Bajamonte Tiepolo quattro anni di esilio in Schiavonia. Dopo la sconfitta di Bajamonte e dei duoi complici, la sua casa venne abbattuta ed al suo posto fu collocata nel 1364 una colonna d'infamia, che recava la seguente iscrizione: DE BAJAMONTE FO QUESTO TERENO E MO PER LO SO INIQUO TRADIMENTO SE' POSTO IN CHOMUN PER ALTRUI SPAVENTO E PER MOSTRAR A TUTI SEMPRE SENO? (ovvero: Questo terreno fu di Bajamonte Tiepolo ed ora per il suo iniquo tradimento e' diventato pubblico e [queste parole] siano sempre mostrate a tutti per monito agli altri). Poco dopo il suo innalzamento la colonna venne danneggiata da un certo Francesco Fontebon che era stato un complice di Bajamonte Tiepolo e per questo condannato e poi anche graziato. A seguito del suo gesto di spregio, il Fontebon venne punito con il taglio di una mano, la perdita degli occhi e l'esilio. Fino alla caduta della Repubblica di Venezia fu proibito di costruire delle nuove case in quel posto. Adesso a memoria dell'evento rimane una pietra incisa sull'angolo di Campo Sant'Agostin, con la seguente scritta: "LOC. COL. BAI. THE. MCCCX". Tali abbreviazioni hanno come significato: "Qui era localizzata la colonna di Baiamonte 1310. La conseguenza piu' evidente della rivolta di Baiamonte Tiepolo fu l'istituzione del Consiglio dei Dieci che per quasi 5 secoli sara' temuto dal popolo e dai nobili veneziani. Appena quattro mesi dopo il Tiepolo venne raggiunto dalla notizia della morte del doge Gradenigo, avvenuta il 13 agosto. Successero brevemente Marino Zorzi e poi, nel 1312, Giovanni Soranzo. Nel 1320 Venezia riusci' a mettere le mani su uno dei fuoriusciti, Nicolo' Querini, il quale venne giustiziato a Padova il 17 dicembre e la cui morte venne pubblicamente resa nota con bando pubblico a Rialto, mentre la moglie era costretta a prendere il velo. Il 31 gennaio 1329 venne infine dato ordine dai Dieci a Federico Dandolo di provvedere con qualunque mezzo all'eliminazione di Bajamonte Tiepolo. Di lui non si sa molto di piu' se non che mori' poco dopo. Brusegan ne colloca la morte presso parenti in localita' Rapia, in Croazia, nel 1328. Nel 1889 alla calle, al sottoportico ed al campiello del Remer, dove erano esistite le case di Bajamonte Tiepolo, venne dato il nome di Bajamonte Tiepolo. Ma con la successiva demolizione di alcune case e la costruzione di un'altra scomparvero il campiello (diventato giardino privato), la calle ed il sottoportico (diventati ingresso con il civico n. 2297). Resta oggi la calle Bajamonte Tiepolo, che altro non e' che la vecchia calle dei Preti.
Per terra e' segnalato da una pietra il punto nel quale cadde morto il portabandiera dei rivoltosi.
La colonna infame e il punto di Campo Sant'Agostin dove una lapide ne ricorda la posizione.
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